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UNO STARNUTO E L'H1N1 NON C'È PIÙ

Raffreddarsi potrebbe essere un buon investimento sulla salute. È l'idea apparentemente paradossale espressa da un nutrito gruppo di scienziati, epidemiologi e virologi, che hanno pubblicato le loro conclusioni su New Scientist. Gli specialisti in questione avrebbero tratto ispirazione dalla situazione che si è creata in Europa, e nello specifico in Francia, dove in coincidenza con l'arrivo delle normali sindromi influenzali e del rhinovirus si è assistito a un rallentamento della pandemia da H1N1. Il merito sarebbe dell'interferenza virale, ovvero quel fenomeno per il quale mettendosi in moto per aggredire il primo virus, le difese antivirali di un individuo riescono a bloccare più facilmente l'arrivo del secondo, in questo caso il virus A. Alcuni elementi fanno pensare che il comune rhinovirus abbia nel corso di queste settimane avuto la capacità di rallentare se non eliminare in alcuni casi il più famoso collega, come sostiene ad esempio il dott. Pregliasco, virologo presso l'Università di Milano: “L'interferenza virale è un fenomeno ben noto che può in effetti aver avuto un ruolo nell'andamento della pandemia in Europa. I rhinovirus, come tutti i virus del resto, innescano una risposta immunitaria complessiva che prevede anche la formazione di anticorpi relativamente non specifici: questi possono dare una parziale copertura e ritardare la diffusione di altri virus come l'influenza A nella popolazione”. Questa situazione si è registrata in Francia, dove il numero dei contagi si è praticamente fermato nel mese di ottobre, uno dei periodi considerati più a rischio per la coincidente apertura delle scuole. Il dato interessante è che il calo delle infezioni da virus A è coinciso con l'aumento della diffusione del consueto rhinovirus. Lo stesso andamento si è verificato anche in Svezia, dove ad agosto – nei paesi scandinavi l'apertura delle scuole è anticipata – non c'è stata la temuta ondata di infezioni da H1N1. Gli scettici portano però l'esempio degli Stati Uniti, dove al contrario a settembre i casi di contagio sono stati assai superiori rispetto ai paesi europei. Ian Mackay, infettivologo dell'Università del Queensland in Australia, ha pubblicato sull'argomento un lavoro apparso sul Journal of Clinical Virology e pensa che la particolarità della situazione americana sia dovuta a una forte e continua esposizione al virus H1N1, sicuramente maggiore rispetto a quanto accaduto da questa parte dell'oceano. In conclusione, l'effettiva importanza dell'interferenza virale sarebbe tutta da verificare, ma chissà che in futuro non si potrà ottenere un farmaco ottenuto da un virus e in grado di batterne un altro più pericoloso.

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